La pelle d'oca,
al sentir fischiettare
Norwegian wood.

Buffi, gli uccelli.
Saltellano a pie' pari,
come i bambini.

Lische di pesce,
ossicini in bell'ordine,
piatto pulito.

Avanti e dietro,
'sta nuvola. O s'è persa
o bighellona.

Veder di spalle
i dottori e, di culo,
le dottoresse.

Ago di flebo,
una farfalla che
cerca la vena.

Che bella triglia.
Vorrei averla, da morto,
la tua espressione.

Il ciocco arde.
Non so come aiutarla,
questa formica.

Vi penso liberi,
gabbiani, senza tetto
e senza tomba.

Buchi nell'acqua.
Il pescatore torna
a mani vuote.

È un po' abbagliante
il candore del riso,
senza le spezie.

Non faccio mai
del male ad una mosca,
se non costretto.

Chi la crea? Ieri
non c'era spazzatura.
Oggi è dovunque.

Lo senti, il lusso,
se non ti tappi il naso,
anche a chius'occhi.

Vorrei rinascere
in forma di violetta.
Stavolta, almeno.


Malgrado tutto,
tra me e questa zanzara
c'è intimità.

Alzo la roncola
e la riabbasso. È un ramo
con troppe gemme.

Almeno un salice
ci vuole, dentro casa,
per meditare.

Nullatenente
da sempre. Adesso, pure
nullafacente.


Nobile arte,
i fuochi artificiali
e i naturali.


La bomba atomica.
Speriamo che la prossima
sia pure l'ultima.


Brace d'inverno
e cubetti di ghiaccio
d'estate, il ricco.

Brace d'estate
e cubetti di ghiaccio
d'inverno, il povero.


Gli è detto «vermouth»
(oggi obsoleto) un che
di verme in bocca.

Mai vista prima,
una cosa del genere,
pensa il neonato.

Per chi lavorano,
le formiche, ogni giorno?
Chi 'nce 'o ffa fa'?

Càvecencùlo,
carezze, bastonate.
E si va avanti.

Incontinente,
ma bella. Nei suoi slip
soltanto miele.

Inespugnabile,
l'olivo, dietro il muro
del rosmarino.

Una montagna,
con l'ombra di una nuvola,
si vela il capo.

Cerchi nell'acqua.
Che cosa cerchi, cerchii
o cerchi e basta?


Estate. Ma

la cicala, in autunno,
frinirà male.

Bella di notte,
la jalapa mirabilis.
Burqa di giorno.

A ognuno un mutuo:
a te con lo strozzino,
a me con Dio.

Longevità.
Ad un ergastolano
non la si augura.