Pasqua. Colombe
che fan di questa casa
una voliera.
Prima domenica
di luna piena. E il giorno
come la notte.
Ma davanti san Gùgolo
si trova prima.
M'ha un po' stufato
il nudo, a colazione,
a pranzo e a cena.
Veci o putèi,
'i omen inn semper bei,
se 'i g'han 'i sghèi.
C'è chi ama gli uomini,
pur senza soldi, e chi
i soldi e basta,
Chicchi di riso.
Ma al matrimonio gay,
checche di riso.
Piede di porco
e labbro leporino,
i due mariuoli.
Mercanti al tempio.
Le bancarelle recitano
IN GOODS WE TRUST.
I ricchi, in macchina,
hanno i cilindri. I poveri,
sì e no, le coppole.
Fan soggezione,
se non battono più,
puttane e cuori.
Anche in galera
l'uso delle catene
è obbligatorio.
Qualche capello
su una pelata lucida,
gli aghi del cedro.
Cercando l'acqua,
le radici del salice
sfondano tutto.
Fiori di cera,
foglie tirate a lucido.
Olio di gomito?
Il Sagittario,
matto come un cavallo,
pio come un uomo.
Vecchio macigno,
quel parruccone d'edera
non ti si addice.
Ti muovi a vento
o a dorso di formica,
chicco di riso?
Vita scadente,
la nostra, se è soggetta
a una scadenza.
Dicembre. Temo
che anche questa zanzara
sia un OGM.
Una ciucciata
qui - l'ape - ed una là.
Non è fedele.
Il ticchettìo
dell'orologio ritma
ansie e rimorsi.
Non siamo liberi,
visto che si sta male,
dopo il peccato.
Pane e lombrichi.
S'è inquartata, la merla,
in pochi mesi.
Dicembre. Freddo.
Eppure c'è una rosa,
a intiepidire.
Con due ingredienti,
rugiada e ragnatele,
mille lustrini.
Cinghiale e capra.
Affettati, formaggio
e pane nero.
Topi, lucertole
e vipere. Non posso
sentirmi sola.
Senza corrente,
né gas, c'è il fuoco. Ma
senza fiammiferi?