Il fiume scorre
sulle pietre. La foglia
scorre sul fiume.

Torno al tramonto.
Il cane e la sua ombra
mi fanno festa.

Tutto bruciato,
nella pineta, tranne
qualche lattina.

Gusci di granchio
con il granchio all'interno,
sulla battigia.

Prima del pranzo,
la preghiera la dicono
soltanto i poveri.

Bell'e struccata:
una palla di neve
dritta negli occhi.

Non lo pensavo,
un belato di pecora,
tanto profondo.

Satollo, placido
e sano come un pesce,
il boccalone.

Stutato 'o core
e appicciata 'a TV,
jamme a cuccà.

Muratoria
è l'arte di dir cose
edificanti.

Proprio una fata:
non appena apre bocca,
spezza l'incanto.

Visto lo zoccolo
della vacca, un papavero
tenta la fuga.

La morte sua,
una rosa scarlatta
sul marmo nero.

Bava traslucida,
quella della lumaca
figlia di Venere.

Sopra la stufa,
pentole di fagioli
scaldano il cuore.

Curvo sull'acqua,
un capriolo riflette,
flette se stesso.

Cerca carezze
e trova un fazzoletto,
la bimba in lacrime.

Nell'erba alta,
le orecchie del coniglio
vedono tutto.

Principe e povero
della chioma d'un pino
fanno corona.

La foglia morta,
scirocco o tramontana,
tira a campare.

C'è il blu del cielo
negli occhi d'una triglia
rossa di ghiaccio.

Pastore e pecore
mi guardano in cagnesco.
Spengo il motore.

Filo spinato,
ieri rosso di ruggine
e oggi di bacche.

Sull'acqua, un salice.
E un salice, sott'acqua,
che lo raddoppia.

Borsa pesante.
Mi passo la stanchezza
di mano in mano.

Senza mutande,
dietro il vetro sorride
un manichino.

Soffice, caldo
materasso dell'astice,
i tagliolini.

A torso nudo,
braccati dalle ortiche,
si prega meglio.

Nessuna lacrima.
Il cane di pelouche
sorride sempre.

Vecchio maestro,
mai a corto di parole.
Semmai, di fiato.

Visto da dentro
una formica, il mondo
è proprio piccolo.