Con tanta pioggia
questa foglietta d'edera
scolora ai bordi.

Una formica
issa un pezzo di nylon,
vela minuscola.

Vipere e biscie
cambiano solo pelle.
Io cambio d'ossa.

Una lucertola,
con le zampe anteriori,
applaude al vento.

Non sa staccarsene,
il dente di leone,
da quel capello.

Che buone labbra,
le tue. Sanno di fragola
e ravanello.

È il 1° maggio.
Soltanto le formiche
non fanno festa.

Si fa matassa,
il riccio nella tana,
al tempo giusto.

Lacrime sante
d'angeli fatti nuvola,
goccie di pioggia.

Agita un petalo,
la mammoletta? No,
è una farfalla.

Cavalla zuppa.
Lo zingaro la copre
con la sua giacca.

Striscia nell'erba,
il piccolo ramarro
che si sa drago.

Nomi e cognomi.
Sui fili del telefono
origlia il passero.

Qualsiasi riccio
si sogna biancospino
in primavera.

Piove. Un bambino,
su un foglio di quaderno,
disegna il sole.

Le biciclette
svernano sul balcone,
tra i sempreverdi.

Con cento lire
di castagne e una rosa
siamo felici.

Senza lavoro,
con pochi soldi in tasca.
Eppur si dorme.

A sette mesi,
già sai come allattare.
Chi ti ha insegnato?

Pieno di neve,
il nido abbandonato
è meno inutile.

Plettro di luna.
E il culo a mandolino
sembra stonato.

Casa in malora.
Ma dalle crepe spuntano
fiori di cappero.

Uno starnuto,
violento, del Bambino
scoperchia il tetto.

Brutto fetente,
per rincorrere i gatti
sai di mentuccia.

Una clessidra
in su, l'acqua che viene
e, in giù, che va.

Verde speranza,
l’edera che s’ostina
a non morire.

Che notte santa!
Canta Adeste fideles
anche la stufa.

Semidivelta,
la lastra del tombino
conta le macchine.

Raggio di sole.
Al pupazzo di neve
spunta una lacrima.