Tornare indietro
comunque è andare avanti,
se sei accerchiato.
Tornare indietro?
Per prender la rincorsa,
magari, sì.
Metà riflesso,
metà l'arco del ponte,
il cerchio d'acqua.
Chi sarà stato
a rosicchiare il filo
di questo trapano?
La terra rossa
del castagno è specifica
per l'uovo sodo.
La ragnatela
ben incollata sfida
perfino il vento.
Sfrigola allegra,
immemore del porco,
una salsiccia.
I fiori in casa,
nonostante il maltempo,
non si preoccupano.
Nubi leggere
camminano sull'acqua,
senza bagnarsi.
S'alza una palpebra
e appare un occhio rosso,
sotto la cenere.
Pino nodoso.
Ci si gratta la schiena,
furbo, il cinghiale.
Nido di passeri.
Questo spaventapasseri
è troppo buono.
Arrugginiti,
e lui e la sua carrucola,
il vecchio pozzo.
Giardini pensili.
Vedo i fiori dal lato
delle radici.
Di quando in quando
c'è una (o uno) che canta,
dentro di me.
Frullo di storni,
lenzuolo di un fantasma
al negativo.
Non è modestia.
Vola basso, il piccione
a pancia piena.
Acqua passata.
Non ti scordar di me,
nella corrente.
La primavera,
con le sue lenti rosa,
non è obiettiva.
Un solo squillo
e quattro mani cercano
il cellulare.
Si struscia un po',
la cinciallegra, e il pino
ringalluzzisce.
È un bell'albergo,
così a picco sul mare.
Bello e abusivo.
Bianco su bianco.
È neve fatta albero,
questa betulla.
Su una panchina
c'è posto per tre amici
o per due estranei.
Ai bimbi piace
giocare a nascondino
con la mia ombra.
Belle ragazze,
bandiere d'un paese
che m'ha esiliato.
A pelo d'acqua,
nella vasca, i capelli
sembrano alghe.
Sei troppo bella.
La luna s'è impigliata
tra i tuoi capelli.
Gambe più lunghe
delle mie, l'ombra, ma
non mi distanzia.
Brutti ricordi.
Le vecchie cicatrici
non si rimarginano.
Oggi i re magi
seguirebbero un muro,
non una stella.
Loggia piddì,
pidielle e piddue.
Fratelli piccoli.
La stessa chiave,
a me chiude la porta,
a te la apre.